giovedì 14 gennaio 2010

Capitolo 2 - Del singhiozzo e del lavoro

Questa settimana sono andato al funerale di un mio vecchio amico.

Due volte.

Non perché sia morto due volte, sia ben chiaro. E' solo che il giorno del funerale, il primo intendo, è morto pure il prete. Non è stato mandato nessun sostituto.

-I preti sono quasi tutti in cassa integrazione. - mi dice il becchino, ventiduenne di bell'aspetto e molto elegante. - A parte il prete che doveva venire oggi, lui è in cassa e basta! Ah Ah

Lo guardo perplesso mezzo secondo, cercando di capire se si aspetta che io rida. Mi allontano.

Siamo tutti lì, un sacco di gente che non conosco e io. Tutti in nero. Sembriamo in attesa di uno sbarco alieno da accogliere e mettere sotto copertura.

Lui è lì, e per un attimo lo invidio. Non perché sia morto. Perché è sdraiato e sembra comodo. La faccia incerata. Sembra che l'abbiano ringiovanito esattamente all'età in cui l'ho conosciuto io.

Un volto conosciuto, finalmente, si fa largo tra la folla. Un altro vecchio amico, meno amico dell'altro, ma vivo. Elemento altamente discriminante in questo momento.

Come va come non va, a bassa voce, e usciamo a fumarci una sigaretta, nella veranda della casa della madre del nostro amico.

-Ma come è successo?

-Ah, da non credere...

-Sì?!

-Eh già...

-...

-Povero ragazzo...

-Be'?

-Me l'ha raccontato suo cugino, hai presente?

-No.

-Quello di là mummificato sul divano a trangugiare mentine!

-Sì.

-Praticamente stavano andando in ufficio, venerdì mattina, lavorano assieme e ci vanno assieme in macchina. Il poveretto aveva il singhiozzo già per strada, forse addirittura da casa, era contrariato perché non riusciva a farselo passare. Ha intrattenuto per tutto il tragitto il mentina-dipendente di là spiegandogli che non riesce a trattenere il respiro, e il singhiozzo non gli passa. A quanto pare continuava ad agitarsi per 'sta cosa, dovevano andare subito in riunione, come se non bastasse.

-Quindi?

-Quindi la brillante idea: sei piani in ascensore, se riesco a trattenere il respiro finché non arriviamo al piano, dice il povero dipartito, il singhiozzo mi passerà di sicuro. Non devo contare, non mi distraggo.

-Ha funzionato? - butto la sigaretta più lontano che posso, in strada. Un camioncino la investe.

-Non proprio...l'ascensore si è bloccato tra il quinto e il sesto piano. Stop. Attendere soccorsi. Respira, gli dice il cugino, no no no, fa con la testa l'altro, ma che cazzo fai? Respira! Insiste il cugino, ma niente da fare, ormai l'altro ha il cervello in cortocircuito dal nervoso e dalla mancanza di ossigeno. Un circolo vizioso. I soccorsi hanno trovato l'uno steso esanime e l'altro in lacrime che continuava a buttargli mentine a forza in gola per aiutarlo a respirare “meglio”.

-Merda, che brutta storia...

-Sì, però non l'hanno accusato di omicidio, l'autopsia lo ha scagionato.

Guardo il mio vecchio amico come poco fa ho guardato il becchino.

Due giorni dopo sono tornato al funerale, era stato trovato un sostituto del prete. C'era la metà della gente: non si può chiedere il permesso dal lavoro due volte per lo stesso funerale. Il mio amico aveva la faccia un po' meno incerata, ma tanto c'era la metà della gente a vederlo.

Lui lo sa bene. Io lo sapevo, ma ora ne ho le prove: andare al lavoro può uccidere. Non è la morale, questa. La morale semmai è che, per colpa del lavoro, a darti l'ultimo saluto ci sarà la metà della gente.

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